mercoledì 21 gennaio 2015

provini - Le impurità del cuore, Daniele Imbornone

Le impurità del cuore 

Daniele Imbornone

 
L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte.
“E’ ora di muoversi”, disse.

L’Ampia porta-finestra era rimasta per tutto il tempo socchiusa, in attesa che quell’interminabile dialogo tra lei e la silente città cancellasse la sporcizia che si sentiva addosso. Elena sperava che il sole nascente illuminasse un po’ il buio che si portava dentro; ma invano. Anche il sole era sporco. Sporco e coperto di nubi. Con una mano spinse delicatamente l’imposta e s’immerse nella penombra della stanza dove la notte prima si era consumato l’ennesimo delitto nei confronti di se stessa.
La moquette l’accompagnò alla poltrona dove giacevano i suoi abiti, complici essi stessi della sua doppia vita. Si fermò un istante a specchiarsi nelle ante dell’imponente armadio in noce.
I capelli biondi e scompigliati e il trucco sfatto le davano un aria disordinata e stanca. E disordinata e stanca si sentiva anche dentro. Ma soprattutto… sporca. Lanciò un’occhiata fugace al letto in parte disfatto. Le lenzuola di seta si muovevano sinuose su di un corpo a lei sconosciuto, ma nello stesso tempo conosciuto fin nell’intimo. Un uomo che non apparteneva al suo mondo, un uomo che però incontrava ogni notte con volti sempre diversi. 
- Jhon, Jeffry, James… Diamine, non ricordo nemmeno il suo nome – rifletté lei. Raccolse i vestiti attillati dalla poltrona e li scambiò con quelli contenuti nella busta di plastica portata da casa. Lo svestirsi davanti ad un altro uomo, benché addormentato, non le provocava più quel senso di vergogna che l’aveva attanagliava da quando aveva iniziato a lavorare. Ciò la preoccupava più dell’atto stesso. Vestita a metà, Elena sprofondò nella poltrona di pelle. Per un attimo le lacrime furono sul punto di abbattere lo specchio della sua anima. Dalla borsetta di Louis Vuitton prese uno specchietto. Fece anche per prendere una salvietta imbevuta di tonico, ma le dita sfiorarono un oggetto imbevuto invece di promesse mancate. La salvietta non le servì più; il mascara le scivolò sulle guance in modo naturale, struggente. Tirò fuori il simbolo della sua promessa; quella promessa più volte mancata, infangata, tradita. Tra le sue mani quell’anello era un fuoco divorante, ma riuscì comunque a infilarlo all’anulare. Un secondo e per Elena quella reggia immensa divenne una stalla claustrofobica. La lasciò dopo aver contemplato per un’ultima volta, amara, la soddisfazione sul volto del suo cliente. La colpa era sua, lo sapeva e se ne dispiacque.Si strinse nella giacca. L’aria primaverile era ancora troppo fredda, e lei, troppo leggera. L’autobus la raccolse poco dopo le cinque. Obliterò e si sedette in ultima fila. Partito l’autobus, Elena si concentrò sulla musica. Credeva che il ricordo dalla notte appena passata si sarebbe eclissata con l’aiuto degli auricolari; ma la sua fu solo ingenuità. Rigirava l’anello con le dita e pensava. Lo aveva ricevuto da meno di due anni ma gli pesavano come eternità stessa. Amava Luca con tutto il cuore; ma l’amarezza di una vita di stenti saturata dall’ingiustizia aveva schiacciato la loro gioia. Odiava la sua codardia e il patto stretto con quel sistema corrotto dove i ricchi predominano. Odiava il suo aspetto fisico, odiava la sua paga eccellente e odiava il fatto di essere una “d’alto bordo”. Avvolse le braccia attorno alle spalle e pianse tremando. Desiderò che quelle braccia fossero del suo Luca ma, probabilmente lo avrebbe allontanato per evitare che le sue colpe sporcassero anche lui. Alla fine… si addormentò.
- Mi scusi signorina, siamo al capolinea – Elena riemerse dalla sua trance al terzo richiamo dell’autista.
Non lo guardò nemmeno in faccia. Si alzò e scese in silenzio; emettendo solo un mezzo sussurro prima che le porte si chiudessero. 
- E’ signora comunqe… – 
Percorse il chilometro che la separava da casa senza fretta, guardando l’asfalto e, a volte, i visi di coloro che come lei avevano lasciato una casa e un letto caldo. Unica differenza: il letto da cui Elena era scesa, era un letto di rose… trapuntato di spine. Entrò nel suo condominio poco prima delle sei. Aprì la porta di casa senza fare rumore e la richiuse nello stesso modo. - Sei in ritardo. – Elena sobbalzò. La voce veniva dal salotto. «Non c’è nulla di strano» pensò col cuore a mille «Luca sa che turni faccio e che mi ci vuole molto per tornare a casa.» Aveva costruito bene la sua facciata. Ciononostante, era turbata.
- Amore sono a casa. Non ti dico che stanchezza… sono veramente a pezzi. - Il tavolino era colmo di lattine di birra vuote e tazze di caffè. C’era anche un termos aperto ai piedi del divanetto. La TV trasmetteva pubblicità, ma l’attenzione di Luca era sintonizzata su altro. Fissava lo specchio e, di riflesso, sua moglie. Si alzò barcollando. Era in pigiama e il suo aspetto tradiva una notte insonne piena di pensieri.
- Amore non avresti dovuto aspettarmi! Sai che il bar chiude all’alba! -Luca non disse nulla; il suo volto parlava per lui. Elena si sentì scrutare sin dentro l’anima e avvertì due occhi navigare nei suoi segreti inconfessati. Un brivido gli corse per tutto il corpo. Alla fine, quando la tensione fu al culmine, Luca confessò. – So tutto. – 
La piccola Magda iniziò a piangere, ma la culla era lontana dalla dimensione solitaria nella quale i genitori vivevano. Elena cadde in ginocchio e pianse.Pianse lacrime di vergogna, disperazione e rassegnazione. Luca la lasciò da sola con le sue colpe. Elena stentava a crederci. Era stata abbattuta due volte: dalla vita e dall’uomo che amava. Un colpo di vento scostò le tende e mostrò un sole forte, deciso. Elena si sentì chiamare. Aprì la finestra. Il vento le seccò subito le lacrime, gelandole le guance rosse.
Si sedette sul cornicione del balcone e proiettò lo sguardo in lontananza. In un attimo rivide tutta la sua vita e non trovò un solo episodio che la incoraggiasse a continuare. Perciò respirò a fondo. “Addio.”
Un vagito le giunse da dietro e un abbraccio lo seguì.
Il cuore di lei perse un battito. Si voltò. Luca le sorrise e poi la baciò con passione.
- So perchè lo hai fatto… e ti perdoniamo. Resta solo con noi e sporcati solo con me. -

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